Dolomia principale

Micro paesaggi di cristalli di dolomia principale

I cristalli perfettamente formati di queste rocce, delle dimensioni di pochi centesimi di millimetro, sono di dolomite. Le parti scure nelle foto sono fatte anch’esse di dolomite, in cristalli molto più piccoli, fino a meno di un millesimo di millimetro. La dolomite è un minerale che si formava comunemente tra i 250 e i 200 milioni di anni fa, quando si formarono le Dolomiti. Il minerale, la roccia (dolomia) e le montagne prendono nome da Déodat de Dolomieu, lo scienziato francese che per primo descrisse la roccia nel 1791.

Questa dolomite è sedimentaria, cioè è precipitata dall’acqua marina prima che il sedimento venisse portato in profondità. Si è formata in ambienti caldi e secchi, simili alle coste della penisola arabica sul Golfo Persico. Il gesso si forma oggi nelle sue vicinanze.

L’origine della dolomite sedimentaria è in realtà un problema ancora aperto tra i ricercatori. Sebbene le rocce dolomitiche siano molto comuni, sembra impossibile riprodurre le condizioni di formazione della dolomite in laboratorio. Tra i geologi questo enigma è chiamato
the dolomite problem” (il problema della dolomite). Fino al 2012 nessuno era mai riuscito a formare dolomite a temperatura ambiente.
La dolomite di alta temperatura, più rara in natura, fu invece sintetizzata in laboratorio già prima del 1850.

Microfoto © Prof. Bernardo Cesare

il progetto

Microcosmo nasce dal desiderio di svelare l’incanto, il fascino strutturale e cromatico che la luce rivela all’occhio umano guardando la realtà attraverso il microscopio.

DolomitiArtRock valorizza il microcosmo delle rocce dolomitiche e ci permette di varcare il confine fra micro e macro cosmo, facendo scoprire come la bellezza in Dolomiti risieda, stabile e forte, sia al di là che al di quà di questo confine. Il punto di partenza è una roccia raccolta sulle nostre Dolomiti, apparentemente senza alcuna particolarità. La tecnologia sommata a nuove competenze ci permette oggi di guardare l’invisibile.

La tecnica

In un tempo lontanissimo, tra 250 e 200 milioni di anni fa, si depositarono sul fondo di un mare tropicale sabbie, limi e fanghiglie che la litogenesi trasformò in rocce. Quelle rocce oggi svettano fino a 3000 mt e sono parte delle Dolomiti.

Bernardo Cesare, Docente di Petrografia all’Università di Padova, ha fotografato al microscopio queste rocce rivelando inediti mondi. Per poterli osservare al microscopio, i campioni di roccia devono essere così sottili da divenire trasparenti, in modo da poter essere attraversati dalla luce.

Le rocce, quindi, vengono tagliate con una lama diamantata in fette molto sottili, di circa tre centesimi di millimetro (30 micron); la fetta di roccia viene poi incollata su un vetrino per essere osservata al microscopio.

Questo vetrino è posato su un tavolino portaoggetti illuminato da sotto: quando passa attraverso i cristalli della roccia, la luce viene propagata in modo diverso a seconda della struttura cristallina, ossia in base a come sono disposti gli atomi nei cristalli del campione.

Quando tale luce colpisce il campione in analisi, essa interagisce con i minerali presenti nella roccia e ogni colore della luce ruota di un angolo diverso a seconda del tipo e delle caratteristiche del minerale. L’uso di un secondo filtro, detto analizzatore e posto tra obiettivo e oculare, permette di isolare una sola parte, o colore, della luce incidente.

La stessa immagine di un oggetto, quindi, si può ottenere in colori diversi a seconda di come vengono usati i filtri. L’uso della luce polarizzata permette al geologo di identificare e classificare i minerali presenti in una roccia.